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31/08/2012
Creo dunque sono
Mentre sugli schermi presenti nella sala Tropicana dell'Hotel Excelsior scorrono immagini d'archivio dell'Istituto Luce Cinecittà, sicuramente realizzate da cineasti uomini, s'inaugura la rassegna d'incontri della sezione Women's Tales, dedicata alla creatività femminile e nata dalla collaborazione con il creative partner, Miu Miu.
 
Natalia Aspesi, giornalista e per l'occasione moderatrice del primo incontro tra le due registe Mira Nair e Liliana Cavani (presenti qui a Venezia rispettivamente con i film fuori concorso The Reluctant Fondamentalist e Clarisse) apre il discorso rivolgendo alle ospiti in sala uno spunto di riflessione sul concetto di creatività artistica. «È possibile parlare di creatività al femminile oppure si deve parlare solo di creatività, senza riferimenti sessuali»?
 
La Aspesi è la prima a dichiarare che la creatività non può essere incasellata in una categoria di genere e che, tanto meno, si debba parlare di una nascita contemporanea della stessa, in quanto le donne da sempre hanno sviluppato delle forme di espressione artistica; la differenza sta piuttosto nella loro recente conquista di libertà di espressione in ambiti che in passato erano riservati esclusivamente agli uomini.
 
Le due registe in sala hanno back-ground culturale, origine ed età molto diverse, tuttavia si ritrovano a condividere la tesi di partenza.
Liliana Cavani, cresciuta e formatasi nell'Italia della Resistenza, in una famiglia laica, anomalia nell'Italia cattolica e patriarcale, si associa al pensiero della Aspesi, affermando che la sua vocazione si è sviluppata intorno alla necessità comunicativa artistica, piuttosto che all'idea di un tipo di creatività al femminile. A suo parere, è necessario andare oltre il concetto di creatività femminile, onde evitare che la produzione artistica delle donne venga associata unicamente a un certo tipo di tematiche, una definizione che potrebbe limitare, piuttosto che dare coscienza a un processo molto più complesso.
 
Mira Nair, nata a Bombay e lì vissuta con la famiglia fino a diciannove anni per poi trasferirsi negli Stati Uniti dove vive tutt'ora, spiega come la realtà politica della sua nazione l'abbia portata sin da bambina a credere nel potenziale femminile, piuttosto che vedere la sua condizione di donna come un ostacolo. Con l'affermazione «Io sono al di là del sesso, ispirata dall'arte», condivide la tesi della collega, soffermandosi però anche sulla possibilità di accedere a realtà sconosciute, nelle quali gli uomini sono generalmente esclusi. A tal proposito, cita il suo precedente lavoro, il documentario Indian Cabaret, che presenta la storia di un gruppo di spogliarelliste di Bombay, nel quale ci mostra un mondo femminile difficilmente inquadrabile, in cui le donne, viste secondo una prospettiva diretta e slegata dai pregiudizi, si mostrano nella loro complessità, andando oltre i ruoli pre-impostati del cinema classico, donna-martire vs. donna vamp.
 
Anche la Cavani, riferendosi alla realizzazione del suo nuovo documentario Clarisse, spiega quanto la riuscita del suo lavoro sia collegato al suo essere donna: difficilmente, infatti, le clarisse avrebbero aperto le porte del loro convento e della loro intimità a un regista uomo.
 
Entrambe le registe hanno sottolineato l'importanza del cinema in quanto mezzo d'espressione, indipendentemente dal sesso dei propri realizzatori. Hanno concordato sulla possibilità delle donne di un accesso a mondi femminile ancora poco conosciuti o spesso analizzati in maniera semplificata e superficiale. La Nair iniziò a fare cinema chiedendosi: «l'arte può avere effetto sul mondo?». Dal suo debutto come artista di strada al suo coinvolgimento in progetti documentaristici, ha voluto dimostrare che la sua poetica è più legata all'impatto diretto sulla società in maniera universale, rispetto all'analisi di tematiche esclusivamente femminili. Per confermare il punto di vista, afferma la Cavani : «personalmente, ho sempre fatto dei film perché lo volevo, non me li hanno mai imposti».
 
La creatività più che essere definita "uomo" o "donna" deve essere mossa da una necessità di espressione; conclude la Nair: «L'importanza è cosa vogliamo dire, che la nostra voce non si limiti ad essere una tra le tante e che il nostro lavoro abbia un impatto diretto sul mondo». (Roberta Ettori)
 
Potete scaricare qui sotto la registrazione audio dell'incontro, zippata. Il file MP3 è in stereo e contiene su un canale la lingua originale e sull'altro la traduzione in inglese.
 

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