di Fabio Patrassi
Il nuovo disegno di legge cinema, presentato dalla Senatrice Pd Rosa Maria Di Giorgi, si propone di portare sui banchi di scuola l'educazione al cinema.
Laurent Cantet,
Saverio Costanzo,
Luciana Della Fornace,
Felice Farina,
Gianluca Farinelli,
Francesco Ranieri Martinotti,
Simone Moraldi,
Emiliano Morreale e
Stefano Rulli, hanno discusso il tema nel corso dell'evento curato da
Fabio Ferzetti,
L'ora di cinema. Una prospettiva europea. Un tema che è delicato, tanto più che s'inserisce nell'ambito di un tessuto culturale - quello dei nativi digitali - nato e incubato nella più scriteriata proliferazione audiovisiva.
L'iniziativa legislativa è stata salutata come un'opportunità: «Questa proposta - apre Morreale - è l'inizio di una grande novità. È il momento di formare un nuovo pubblico. I giovani spettatori di oggi non hanno la possibilità di formarsi spontaneamente, andando in sala e conoscendo la storia. L'abbondanza di mezzi per creare e godere dell'audiovisivo ha abbattuto le distanza tra fruitore e produttore di cinema». Quel patrimonio nazionale che è il cinema, in grado di cristallizzare e cogliere la pura essenza del presente italiano (pensiamo a Sciuscià o Ladri di biciclette), rischia di scomparire per mancanza di un pubblico capace di fruirne. «Educare il gusto, per educare il riflesso incondizionato di chi guarda il cinema», ribadisce Morreale.
Se dal confronto con i ragazzi di 28 volte cinema - tra esperienze francesi e portoghesi - traspare che questa legge, in Italia, arriva forse troppo tardi, il regista Laurent Cantet rileva come «prima ancora di educare bisogna far venire voglia, fornire gli strumenti per comprendere, tramite una formazione specifica dei docenti». Idea che sembra trovare sponda nel progetto di Luciana Della Fornace: «Con il nostro progetto Agis scuola creiamo il pubblico di domani instaurando un nuovo rapporto tra gli autori e gli spettatori».
Per Rulli il problema è politico e metodologico: «Il livello di conoscenza di base è terrorizzante. C'è più interesse nel fare cinema che nel conoscerlo». E se Costanzo - sulla scorta dell'esperienza del laboratorio Fare Cinema, del Festival di Bobbio - evidenzia come veder girare e stare sul set sia un passaggio fondamentale nella formazione di un cineasta, Martinotti e Farina mettono in guardia: la proliferazione degli strumenti non può essere un alibi alla mancanza di alfabetizzazione degli spettatori.