04/09/2019
Marco Bellocchio e il tradimento
di Kabir Yusuf Abukar
Marco Bellocchio ha ricevuto il
Premio SIAE 2019 alla Villa degli Autori. La
Società Italiana degli Autori ed Editori ha voluto omaggiare il regista piacentino con la consegna del deposito autentico del 1967 de
I pugni in tasca, pellicola che gli valse il Nastro d'Argento per il soggetto.
«Sono contento di ricevere questo premio - ha detto Bellocchio - soprattutto in questa forma così originale, così diversa dalle solite targhe. I pungi in tasca fu inserito impropriamente nel contesto culturale critico della rivoluzione: io volevo costruire una storia di rivoluzione familiare, una parabola di stravolgimento domestico, non un racconto rivoluzionario di portata sociale. C'è stato un "allargamento" interpretativo delle intenzioni autoriali all'epoca, che capisco ed è giusto che ci sia stato, nonostante le intenzioni fossero diverse».
L'evento coordinato da Andrea Purgatori si è concentrato sul concetto di "tradimento" nella filmografia dell'autore e nel cinema italiano. In apertura Giorgio Gosetti ha sottolineato: «L'incontro di oggi intende suggerire un momento di riflessione e confronto sul cinema, la platea è giovane e questo è importante. Per una volta, mettiamo in pausa il consumo bulimico di immagini e concediamoci uno spazio per il dialogo».
«Raccontiamo quanto abbiamo vissuto e visto - ha continuato Bellocchio -, e quindi anche tutti i tradimenti che ci hanno segnato e attraversato nel corso della nostra vita. I tradimenti sono quasi tutti giusti, sono affermazioni identitarie: nei miei film c'è molto della mia dimensione personale rispetto a questo concetto. Se faccio quello che faccio è perché credo in quello che realizzo, consapevole allo stesso tempo che posso sbagliare. A proposito di Buongiorno notte, anche in questo caso avevo trovato alcuni elementi di richiamo a dimensioni personali, ad esempio la famiglia come come prigione».
Parlando de Il traditore, Bellocchio ha evidenziato la necessità di voler essere sempre più originale nei propri progetti: «Raccontare storie in modo originale è estremamente prezioso, è qualcosa di educativo. Il personaggio di Buscetta è un uomo disperato: fugge, scappa, è stato costretto a collaborare perché, a sua volta, è stato tradito. Se Riina non avesse fatto quello che ha fatto, Buscetta non avrebbe mai parlato, né collaborato con la giustizia. Il risultato commerciale che ha avuto il film mi fa molto piacere, significa che si è cercato di raggiungere una dimensione di sentimento civile, una chiamata dei giovani all'indignazione, come una battaglia impossibile. L'indignazione è una passione estremamente positiva che la nostra contemporaneità contempla ancora, anche se in forme diverse rispetto a quelle storicamente vissute come la piazza e le contestazioni. Nella nostra società tecnologicamente avanzata è ancora possibile indignarsi, basterebbe volerlo».