Il saluto delle Giornate degli Autori a Laurent Cantet, regista e sceneggiatore che nel 2015 è stato Presidente della giuria 27 Times Cinema
Le nostre strade si sono incrociate per la prima volta nel 2014 quando il suo Retour à Ithaque vinse all’unanimità la prima edizione competitiva delle Giornate. La giuria, composta da 27 giovani spettatori di altrettanti paesi d’Europa e presieduta da Diego Lerman, volle che la motivazione recitasse: “Con un luogo e un tempo delimitato, il regista riesce a realizzare un racconto emotivo e complesso su come affrontare i segreti del passato”.
Laurent Cantet approdò alle Giornate, sei anni dopo la Palma d’Oro per Entre les murs, con la timidezza e l’umiltà che solo i grandi riescono a provare e mostrare. Scopriva la sezione autonoma della Mostra, voluta dalle associazioni degli autori italiani, con l’entusiasmo dolce di un ragazzo alla sua prima volta. Ci piacemmo subito e senza riserve, tanto che l’anno dopo accettò con entusiasmo la proposta di tornare con noi come Presidente della giuria. Oggi che non c’è più accogliamo la notizia con tristezza e sgomento, come accade quando un amico e un giovane Maestro ci lascia, d’un colpo, più soli.
Ci siamo rivisti a Cannes nel 2017 quando il suo collaboratore e amico Robin Campillo vinceva il Grand Prix con l’emozionante BPM – 120 battements par minute al cui esito Laurent aveva contribuito e che festeggiò come se la vittoria fosse stata sua. Negli stessi giorni lui stava nella selezione di Un Certain Regard con L’Atélier. “Non è un film da concorso”, ci disse, “ma sono felice di confermare con questo lavoro la mia idea di cinema, un cantiere aperto in cui far entrare lo spettatore per renderlo partecipe di una crescita e formazione che mi ha coinvolto insieme ai giovani studenti di La Ciotat con cui per mesi ho diviso sogni, fatica, ricerca dell’espressione personale”.
Più di recente le nostre strade si sono incrociate ancora, compagni di festival, spettatori emozionati davanti a film di altri per cui Laurent aveva curiosità, entusiasmo, generosità. Perché questa era la sua inimitabile cifra personale, la voglia di essere vicino a chi comincia, a chi si batte per le cause belle, a chi non ha voce e avrebbe invece il diritto di essere ascoltato. Si tratti di un cubano in cerca di libertà, di un sans papier senza diritti, di un civile senza difese o di un ostaggio in terra di Palestina. In questo mestiere incrociamo artisti, creatori, intellettuali. Talvolta, però, ci restano nel cuore i loro tratti di umanità e dolcezza, prima ancora dei loro talenti. Proprio questo valore porteremo dentro di noi pensando a Laurent Cantet.
Gaia Furrer
Giorgio Gosetti