La Selezione Ufficiale presentata dalla direttrice artistica Gaia Furrer
L’attenzione alle vite di persone che avanzano su un ipotetico filo sottile e fragile che attraversa il tumulto del mondo. L’ostinata tenacia dell’esistenza quotidiana mentre tutto intorno implode. Il coraggio di non rinunciare alla propria vita così come la si vuole condurre. La leggerezza calviniana come risposta al dramma di un mondo in fiamme. Sono questi i temi che più di altri attraversano la selezione della ventunesima edizione delle Giornate degli Autori e che l’immagine di quest’anno restituisce con forza evocativa.
Le protagoniste e i protagonisti dei nostri film sono spesso creature in bilico che camminano su un filo, talvolta per raggiungere la parte opposta o per lasciarsi alle spalle qualcosa, o perché dall’alto – fuori dal tempo e dallo spazio – le cose assumono prospettive differenti.
Funambole della vita sono le protagoniste dell’unico titolo italiano in concorso, Taxi Monamour quarto lungometraggio di Ciro De Caro, film libero e rigoroso che racconta la storia di due donne perse (Rosa Palasciano e Yeva Sai), ma comunque ostinate nel voler vivere le proprie scelte in piena autonomia.
Acrobazie reali oltre che metaforiche sono quelle in cui vediamo impegnati i protagonisti di Alpha., terzo lungometraggio dell’olandese Jan-Willem Van Ewijk, singolare thriller psicoanalitico ad alta tensione su un tormentato rapporto padre-figlio e ambientato sulle vette delle Alpi svizzere.
Due adolescenti s’innamorano sotto gli occhi di tutti, mentre una donna si separa dal marito. E fin qui niente di strano se non che siamo in Iran. Boomerang, raffinato esordio di Shahab Fotouhi, che si avvale della collaborazione al montaggio del regista georgiano Alexandre Koberidze, è un’istantanea sociologica sui legami affettivi nella Teheran moderna.
Chi rinuncia improvvisamente a vecchi equilibri e identità è la protagonista di Selon Joy di Camille Lugan, già assistente alla regia per Jacques Audiard. Qui Joy, in un’improvvisa lotta tra bene e male, tra innocenza e crimine, troverà una nuova vita e un nuovo sé. Nel cast anche Asia Argento e Raphaël Thiéry a rappresentare rispettivamente il diavolo e l’acqua santa.
È duplice e senz’altro acrobatica la vita che trascorre Saina, mandriano di giorno e artista a cavallo di notte, in bilico tra mondo rurale e mondo capitalistico in To Kill a Mongolian Horse, esordio spettacolare e pittorico della regista mongola Jiang Xiaoxuan che sembra ispirarsi al cinema di Jia Zhangke.
Dalle steppe invernali della Mongolia arriviamo all’Amazzonia e precisamente alle paludi di Marajó, l’isola fluviale più grande del pianeta, in Manas. La brasiliana Marianna Brennand segue la storia di una ragazzina di tredici anni che si ribella a una storia traumatica di violenza domestica che si tramanda di generazione in generazione.
Ha tredici anni anche la giovane protagonista di Sugar Island. Attraverso la vicenda della sua gravidanza indesiderata, la domenicana Johanné Gómez Terrero analizza le radici coloniali dell’industria dello zucchero e il ruolo duraturo della spiritualità nei movimenti di liberazione.
Danzano su un filo, tra avvicinamenti e prese di distanza, i bellissimi amanti georgiani di The Antique di Rusudan Glurjidze regista e produttrice di Tbilisi. Affascinante e stratificato, il suo film è ambientato a San Pietroburgo nel 2006, all’epoca della deportazione illegale di migliaia di georgiani condotta dalla Russia.
E come gli aironi della nostra immagine volano nell’aria, i due film che chiudono il concorso attraversano il tempo. Super Happy Forever, terzo lungometraggio di Kohei Igarashi, è il racconto di una storia d’amore che non vediamo mai mentre accade. Prima, quando è già tutto finito, e poi, quando niente è ancora iniziato. E caleidoscopico è il tempo in Sanatorium Under the Sign of the Hour Glass, nuovo e atteso lavoro dei geniali Fratelli Quay, mix singolare di animazione in stop-motion e live-action ispirato all’omonimo racconto dello scrittore polacco Bruno Schulz. Un viaggio alla ricerca del padre appena morto, diventa per il protagonista un percorso metafisico dove il tempo e la realtà sono decomposti.
Sul filo teso dell’esistenza troviamo, negli eventi speciali di questa edizione, donne e uomini che lottano per il presente, che cercano un paradiso, che fanno i conti col passato, che escono da traiettorie scontate o che, molto più affannosamente ma con ostinazione, difendono e affermano la propria identità di genere.
Il nostro film fuori concorso della giornata di apertura è Coppia aperta quasi spalancata diretto da Federica Di Giacomo, interpretato e prodotto da Chiara Francini, ispirato all’omonimo testo teatrale di Franca Rame e Dario Fo che Francini ha portato in scena per anni. Documentario libero nella forma e nel contenuto, il film si interroga con ironia e intelligenza su cosa sia la coppia oggi, sulla monogamia e il poliamore e su come e perché si possano o debbano mettere in discussione i modelli di vita imperanti.
Il colombiano Alma del desierto di Monica Taboada Tapia è un documentario on the road che segue il viaggio di Georgina, anziana donna transgender, che deve attraversare a piedi la penisola sabbiosa di Guajira per conquistare quello che vuole da quasi mezzo secolo: un documento che le riconosca il diritto a essere quello che si è sempre sentita di essere e che le consenta di poter finalmente votare.
La filmmaker francese Marie Losier, conosciuta per i ritratti intimi di artisti underground, riprende l’iconica cantante e perfomer femminista Peaches nel corso di diciassette anni di amicizia (Peaches Goes Bananas). Ne nasce un ritratto anti-biografico ma che cattura l’essenza dell’artista e il rapporto di amicizia e fiducia tra le due donne.
La ricerca dell’Eden, della felicità e la tensione esistenziale e l’etica che ne consegue sono al centro del nuovo lavoro del documentarista serbo Mladen Kovačević, Possibility of Paradise: una visione audace e sottile di ciò che significa vivere in un paradiso terreste che non ci appartiene culturalmente (in questo caso Bali).
In Soudan, souviens-toi la regista franco-tunisina Hind Meddeb ricostruisce invece meticolosamente i frammenti della guerra in corso in Sudan e le voci resilienti dei giovani che lottano contro le forze dell’oppressione in un paese martoriato da povertà e guerra civile.
L’autrice portoghese Cláudia Varejão, vincitrice delle Giornate nel 2022, ci fa un dono inaspettato e per questo ancor più gradito: il cortometraggio Kora. Un manifesto contro le guerre e la discriminazione delle donne che contribuirà a una riflessione condivisa nel buio della sala.
Film di chiusura fuori concorso è l’italiano Basileia di Isabella Torre, storia di uomini a caccia di tesori e di luoghi che li custodiscono con l’aiuto di Ninfe eteree pronte a scatenarsi contro i profanatori. Film anomalo e di atmosfere, musicato da Andrea De Sica e montato da Jonas Carpignano, Basiliea conclude idealmente non solo una rassegna di luoghi e storie, di traiettorie personali e collettive, ma anche di generi e stili cinematografici, di estetiche e scelte narrative.