Gli echi del passato nelle voci del presente nel programma delle Notti Veneziane

Alla loro terza edizione in questa nuova veste in accordo con Isola Edipo, le Notti Veneziane tornano in Sala Laguna, al centro del cuore off della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, puntando i riflettori sul cinema italiano d’autore. E lo fanno aprendo le porte a nuovi volti, intrecciando tra loro lo sguardo di registi e registe di cui già conosciamo la storia a quello di altri che conosceremo a partire da ora.

Dal cinema di finzione al cinema del reale, articolate lungo una linea che attraversa l’Italia finendo per raggiungere oltre oceano gli angoli più remoti del continente africano, le Notti Veneziane portano sullo schermo nove opere in anteprima mondiale che ci restituiscono un ritratto coraggioso del contemporaneo.

Nota dominante della selezione è la tenacia della presenza: la presenza di ciò che continua a esistere nonostante le negazioni, nonostante l’annientamento, nonostante la povertà, nonostante l’assenza apparente di orizzonti praticabili. Una presenza ricercata, indagata, combattuta, condivisa, che ci restituisce il ritratto di un Paese sempre pieno della possibilità di trovare nuove strade, nuovi punti di vista capaci di annientare l’impotenza.

A partire da Spaccaossa, debutto alla regia dell’attore siciliano Vincenzo Pirrotta, che attraverso la cronaca tiene vivo il racconto del qui e ora, facendoci immergere in una storia di truffe assicurative basata su fatti di recente accaduti nei bassifondi palermitani. Cast corale e riuscito in cui troviamo, oltre allo stesso Pirrotta co-protagonista, gli interpreti Giovanni Calcagno, Aurora Quattrocchi e Luigi Lo Cascio in un ruolo chiave.

Succede così nell’Italia de Le Favolose, irresistibile chiassoso ritratto, realizzato da Roberta Torre, di un piccolo gruppo di eccentriche transessuali che si riuniscono per ricomporre i pezzi di un legame che sembrava essere rimasto malamente sepolto; oppure in quella di Las Leonas, di Isabel Achával e Chiara Bondi, dove il rapporto tra campo e fuori campo si inverte e ad essere in primo piano è chi solitamente sta sullo sfondo: una rete di giovani colf, dog-sitter e badanti che, non appena il lavoro è terminato, vestono i panni di gloriose giocatrici di calcio.

Accade tra le pareti delle case che costellano il nostro Paese: come nello svelamento condotto dai giovani Riccardo Campagna e Federico Savonitto in Un nemico invisibile, vicenda privata di una famiglia triestina che da sedici anni cerca di far giustizia ri-componendo i pezzi del puzzle capace di rendere, finalmente, giustizia al proprio figlio ammazzato dalla polizia; così come nell’appartamento lombardo dei gemelli Benjamin e Joshua che in La Timidezza delle chiome di Valentina Bertani mettono in scena l’irruente desiderio d’esistere della loro giovinezza.

A fare da architrave a questo coro di presenze che si muove tra il racconto dell’Italia e il racconto degli altrove è Se fate i bravi di Stefano Collizzolli e Daniele Gaglianone: un diario indispensabile all’elaborazione, stilato a posteriori, di uno dei momenti più dolorosi della storia del secondo Novecento internazionale: Genova 2001.

Si approda quindi a un lungo viaggio condotto in presa diretta da Christian Carmosino Mereu in Il paese delle persone integre: un’immersione durata anni che il regista ha fatto nell’interminabile frattura politica e sociale che attraversa la storia del Burkina Faso oggi a colpi di una resistenza fatta con i corpi, con le canzoni e con la polvere da sparo.

E sempre di altrove si tratta nel film di Giulia Amati, Kristos, the last child, che ci racconta frammenti della grande storia d’Europa vista dalla Grecia, nel seguire le piccole vicende di un ragazzino che cresce ogni giorno di più fino a dover lasciare l’isola in cui è  nato.

Passando da una geografia locale a una internazionale, l’irriducibilità della presenza che attraversa le Notti Veneziane approda dunque nello spazio della riflessione esistenziale: accade con Pablo di Neanderthal di Antonello Matarazzo, peculiare detour su estetica d’arte e antropologia tematica. L’artista Pablo Eucharren ci guida allo studio di pietre preistoriche ancora reperibili verso un futuro possibile oltre lo stridente presente ancora pandemico, climaticamente sferzante, di nuovo bellico: siamo eredi del Neanderthal o traditori del Sapiens?