Aperto dal presidente della SIAE, Salvatore Nastasi, l’incontro «La regola del gioco» ha rappresentato un’occasione per dimostrare quanto sia importante che le associazioni di autrici e autori agiscano insieme per un comune obiettivo
Presso gli spazi del Venice Production Bridge, si è tenuto l’incontro La regola del gioco, moderato da Francesca Romana Massaro (vice-presidente WGI). In rappresentanza delle associazioni di autrici e autori, hanno preso la parola: Francesco Ranieri Martinotti (presidente dell’ANAC e delle GdA), Francesca Comencini (presidente 100autori), Giorgio Glaviano (presidente WGI), Toni Biocca (vice-presidente AIDAC).
Ad aprire l’incontro è stato il presidente di SIAE, Salvatore Nastasi. «Avreste mai creduto un giorno – ha esordito Nastasi, rivolto al pubblico – di vederci a Venezia con un pannello dove compaiono 100autori, ANAC, AIDAC, WGI, Giornate degli Autori e SIAE, tutti assieme? Basterebbe questo per decretare il successo della mattinata. Sono molto orgoglioso, perché era ora di unirsi, era ora di fare una serie di discorsi insieme. Era ora che la SIAE fosse sentita come un soggetto al fianco degli autori».
«L’altro sentimento – ha proseguito il presidente della SIAE – è che i produttori non sono la controparte. Lo sono dal punto di vista del contratto, ma ricoprono un ruolo importante perché l’Italia non sono gli Stati Uniti. Noi vogliamo seguire una strada fatta di tavoli e di incontri».
Dopo aver rivolto i ringraziamenti a tutti i partecipanti, è toccato a Martinotti spiegare il senso di questo incontro: «Siamo stati per troppo tempo separati. Abbiamo fatto un’autocritica. Una delle persone che più ci aveva indirizzato verso quest’unità, è stata Andrea Purgatori. Oltre alla questione dell’unità, esiste il tema della regola del gioco, al singolare solo per spirito cinefilo. Stiamo attenti – ha ammonito il presidente dell’ANAC – perché si può creare una confusione sulla parola “gioco”. Non è affatto un gioco. Questa è una cosa molto seria. L’arte, l’artigianato e l’industria costituiscono il nostro settore. Fortunatamente il sistema è sostenuto con risorse pubbliche grazie al concetto di “eccezione culturale”. Le regole devono essere condivise, non possono arrivare dall’alto. Quindi il confronto, la discussione, forse anche il litigio, sono il sale di queste regole del gioco. Regole fondamentali poiché tutte le tessere di questo mosaico sono connesse. I francesi questo lo hanno capito prima di noi e hanno creato un sistema più organico. E questo, in qualche maniera, è il nostro obiettivo. Quando si parla di esercizio, di produzione, di tax credit, di conservazione del patrimonio, è necessario che siano ascoltate tutte le realtà e, quindi, gli autori che rappresentano la base di ciò che arriva dopo. Senza gli autori non vi sarebbe tutto il resto».
«Voglio partire da un esempio concreto – ha detto Comencini all’inizio del suo intervento –. Un mese e mezzo fa, il 12 luglio, su impulso unitario delle associazioni degli autori, tredici associazioni del cinema e dell’audiovisivo, tra cui quelle di produttrici e produttori, di attori e attrici e di festival cinematografici, hanno scritto una lettera al ministro della Cultura, onorevole Gennaro Sangiuliano, alla sottosegretaria senatrice Borgonzoni, al direttore della Direzione Generale del Cinema e Audiovisivo, Nicola Borrelli, sui criteri di nomine degli esperti per l’assegnazione dei fondi selettivi: “Nel progetto di riforma deciso dal Ministero, i fondi selettivi sono diventati molto più cospicui attribuendo agli esperti che selezioneranno i progetti un ruolo di gestione di denaro pubblico molto rilevante da cui dipenderanno le sorti di una parte importante della produzione nazionale. Certamente quella più significativa da un punto di vista culturale”. Aggiungo, allora, che per i film meno commerciali e culturalmente più significativi nella nuova riforma voluta dal Ministero, ottenere un fondo selettivo è diventata condizione quasi necessaria per accedere al tax credit».
Proseguendo con la lettera del 12 luglio: «”Chiediamo dunque che vengano rese pubbliche le competenze ritenute necessarie e le modalità di selezione dei membri della commissione; siano previste commissioni miste, ossia comprendenti personalità operanti in diverse aree di attività nell’ambito del nostro settore; sia emanato un bando affinché tutti i soggetti in possesso dei requisiti richiesti, possano presentare la propria candidatura; sia stabilito un turn-over che possa consentire a tanti di prestare il proprio contributo per un tempo ragionevole, compatibile con una sospensione temporanea dell’attività lavorativa. Insistiamo a voler collaborare e chiediamo dunque di essere ascoltati. Lo facciamo uniti con senso di responsabilità ma anche con fermezza, e questo per far ripartire le produzioni che danno lavoro a migliaia di lavoratori e lavoratrici attualmente disoccupati e disoccupate, e con il pensiero che il cinema debba essere libero e plurale”».
Terminata la citazione, Comencini ha così concluso: «I nostri momenti di scambio con il Ministero, le nostre proposte non sono mai state ideologiche ma animate dalla passione per questo nostro lavoro e dal rispetto per chi legittimamente ci governa. E ci dispiace quando con un po’ di disprezzo veniamo definiti a volte, “casta”. A oggi, a questa lettera del 12 luglio, non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Insistiamo a chiederne una. Utilizziamo questo esempio per proporre una regola del gioco: che ci si parli prima di decidere le riforme che riguardano il lavoro di professioniste e professionisti, non costringendoli a protestare dopo».
«Le associazioni che vedete qui oggi – ha affermato Glaviano – rappresentano la totalità dei registi, delle registe, delle sceneggiatrici e degli sceneggiatori italiani. Queste associazioni hanno un mandato specifico: la stipula di un contratto collettivo. Con il supporto costante e la rassicurazione della SIAE abbiamo cominciato a ragionare su cosa potesse e dovesse essere il contratto. Abbiamo analizzato i contratti degli altri paesi, e ci siamo resi conto che soltanto negli Stati Uniti sono riusciti a ottenerlo, grazie a uno sciopero e a un’industria sana e forte. Facciamo un contratto collettivo anche qui. Abbiamo individuato la figura di un giuslavorista, il Prof. Adalberto Perulli, per riuscire a stabilire le regole del nostro stesso gioco. Di che cosa è fatto, di cosa ha bisogno? Protezioni assicurative e previdenziali, tutele su genitorialità e salute. Abbiamo scrupolosamente elaborato una stesura quasi completa e vorremmo discuterla con i produttori. Dagli autori parte un’industria che in Italia fattura tredici miliardi, che vive delle nostre idee, e le nostre idee devono essere equamente remunerate».
Infine, è stata la volta di Biocca: «L’unità degli autori è un punto a favore anche per gli adattatori. Abbiamo lavorato molto e molto lavoreremo ancora perché questa voce unica sia incisiva. Per noi il gioco da regolare è molto serio, e riguarda l’applicazione della Direttiva Copyright in particolare per la remunerazione adeguata e proporzionata. Il Legislatore europeo ha inteso colmare il value gap, la differenza tra valore pagato ai creativi e quello generato dall’opera sul mercato. Bisogna dare concreta applicazione a quasi tre anni dal recepimento della Direttiva, al diritto a una remunerazione proporzionata, al successo dell’opera, e per farlo c’è bisogno di un accordo collettivo».