L’artista e regista iraniana ha dialogato con il pubblico delle Giornate degli Autori e con gli studenti del CSC. Il giorno seguente ha ritirato il premio «Le vie dell’immagine». Un articolo di Francesco Bonfatti
A chiudere il ciclo delle masterclass svolte alla Casa degli Autori è stata una personalità unica ed eclettica. Shirin Neshat si definisce un’artista «non convenzionale» e «nomade». Ha parlato della sua carriera, partendo dal periodo dell’università durante il quale venne sconvolta dalla rivoluzione iraniana del 1979. Ha illustrato l’evoluzione stilistica che l’ha portata dal primo progetto fotografico Women of Hallah fino a vincere ripetutamente il Leone d’Oro.
Da regista la Neshat ha maturato una visione più complessa di cosa significhi fare arte, assumendo una disciplina professionale e maggiore consapevolezza comunicativa.
Anche se molti trovano nel suo nome un simbolo politico, l’autrice afferma di separare nettamente l’attivismo dalla sua arte. Quello che le interessa oggi, è trovare modi per coinvolgere gli spettatori in maniera attiva nei suoi film, stimolando la loro capacità di riflettere, costruendo immagini enigmatiche ed evocative all’interno di lavori come Land of Dreams.
L’autrice non pensa che ci sia un modo univoco per avere successo come creativi. Il suo consiglio per gli aspiranti artisti è stato quello di meditare sulle proprie idee, di esplorare le spinte più travolgenti e irrefrenabili dentro di loro, in modo da trovare la loro direzione più autentica.
Il 5 settembre, infine, l’artista ha ritirato il premio «Le vie dell’immagine» assegnato per la prima volta da NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) e Cinematografo in collaborazione con le Giornate degli Autori. Il riconoscimento, ideato per indicare ogni anno una personalità che fa delle arti della visione il suo fulcro creativo oltre i tradizionali steccati espressivi, trova in Shirin Neshat una sintesi esemplare, leggibile nella coerenza delle scelte e dei risultati celebrati in tutto il mondo.