09/06/2020
Marion Hänsel, il sorriso che non dimentichiamo
di Giorgio Gosetti
Primavera 2010, a Parigi:
Marion Hänsel ci accompagna alla proiezione del suo nuovo film,
Noir Océan, una storia di amicizia virile a bordo di una nave da guerra: tre ragazzi imprigionati nella routine della vita in mare, un sottotesto sensuale e affettuoso controllato da una regia sobria fin quasi al distacco e una tensione segreta che si scioglie solo quando è chiaro il senso della loro missione all'altro capo del mondo, gli esperimenti nucleari segreti condotti dalla Francia in Polinesia. Il mare è protagonista assoluto del racconto: casa e prigione, liquido prenatale e natura libera.
Con Sylvain Auzou e Marion facciamo amicizia in fretta. Lei è una donna forte, schietta, maschiaccia e sensibile. Io mi innamoro del film e del senso profondo di libertà che ne scaturisce. A sorpresa, lei che è abituata ai grandi concorsi internazionali, accetta il nostro invito alle Giornate e porta alla Villa degli Autori la sua furiosa vitalità. In una selezione che pure conta grandi talenti (Denis Villeneuve, Bertrand Blier, Danis Tanović, Seren Yüce che vince il Premio De Laurentiis) la dolce Marion spicca per autorità e bravura.
Negli anni successivi si era affezionata alla nostra piccola "nave corsara" e non c'era volta che non ci mostrasse i suoi nuovi lavori anche a prescindere da una possibile selezione. Lei che al primo film, Le lit aveva conquistato pubblico e critica, lei che con Dust aveva vinto nel 1985 il Leone d'Argento a Venezia e con Between the Devil and the Deep Blue Sea era stata in concorso a Cannes, lei che con La tendresse aveva di nuovo riunito pubblico e critica, ci ha voluto specialmente bene e questa tenerezza è sempre stata condivisa. Aveva occhi duri e limpidi, voce roca e mani forti, talento purissimo e curiosità inesausta, piglio ribelle e timidezze da attrice.
Appena un anno fa ci aveva aperto il suo diario intimo, fatto di immagini e ricordi. Oggi ci restano solo quelli, ma una donna così, piena di vita e di passione, non si scorda più, una volta che si è conosciuta. Mi resta il rimpianto di un'amicizia troppo frammentaria, come spesso capita a chi si ritrova solo da un festival all'altro. Il primo messaggio triste si è illuminato ieri sera sul cellulare. Era di Sylvain, il secondo di Daniela Elstner che con infaticabile entusiasmo ha portato nel mondo i suoi film. Oggi la saluta il mondo del cinema, dal Belgio che l'ha vista crescere alla Francia che le ha dato il successo, fino a tutti coloro che nei suoi film si sono riconosciuti e ritrovati. Sarà retorico, ma vale la pena di dirlo forte: era una gran donna.